15 ottobre 2015

Analisi di 1666: Amsterdam

ovvero


La storia di Patrice Désilets


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Cosa sarebbe stato "Assassin's Creed" sotto la guida di Patrice Désilets?

Cos'è “1666: Amsterdam”?

O meglio, cosa non è “1666: Amsterdam”?

Sicuramente è più semplice rispondere alla seconda domanda. “1666: Amsterdam” è infatti un videogioco il cui la cui fase di sviluppo è ancora in discussione, per utilizzare un eufemismo. Perché allora questo titolo è già così noto? Come può un prodotto essere conosciuto se ancora non è stato nemmeno completato? Per capirlo bisogna fare un salto indietro di qualche anno e parlare dell'uomo che negli ultimi quattro anni ha lottato per il futuro di “1666: Amsterdam”, per il futuro del "suo gioco", come lui stesso lo ha definito: Patrice Désilets.

Patrice Désilets nasce nel 1974 a Saint-Jean-sur-Richelieu, a pochi chilometri dalla metropoli di Montreal, Canada. Il Canada è la patria degli orsi. Delle giubbe rosse. Delle cascate del Niagara. Dell'hockey su ghiaccio. Ma a Patrice non interesse l’hockey. Patrice ha altri interessi. Studia infatti cinema e letteratura alla Université de Montréal, l’Università di Montreal, dove si diploma nel 1996. Tuttavia è qualcosa di più di un semplice scrittore o sceneggiatore teatrale o cinematografico. E’ un creativo a 360 gradi, che ama inventare storie e mondi fantastici. Negli anni Novanta scoppia il fenomeno PlayStation, nuova console per videogiochi prodotta dalla Sony, che in breve tempo ottiene il monopolio del mercato letteralmente sbaragliando tutte le altre console. Patrice adora i videogiochi. Adora le loro storie. I loro mondi. E alla fine degli anni Novanta il suo talento ha la possibilità di mettersi in mostra in quel mondo che lui adora; nel 1997 viene assunto da una delle tante aziende produttrici di videogiochi che stavano costruendo una propria filiale nel polo tecnologico della città di Montreal: la francese Ubisoft.

Il primo titolo al cui sviluppo partecipa Patrice Désilets è “Hype: The Time Quest”, un titolo d’avventura ambientato nel mondo dei mattoncini “Playmobil”, che viene rilasciato nel 1999 ed è quasi sconosciuto ai più. L’anno successivo, Desiléts contribuisce alla creazione di un altro titolo, tuttavia di ben altra fama e successo: “Donald Duck: Goin' Quackers”, conosciuto in Italia con il nome di “Paperino: Operazione Papero”. Il titolo è un successo, acclamato dalla critica per la fluidità delle sue animazioni e per il suo level design. L’apporto di Patrice Désilets, all'epoca poco più che uno dei tanti neoassunti dall'azienda francese, che ogni anno cresce sempre più, è tuttavia limitato nello sviluppo del titolo Disney. Avrà tuttavia ben presto il tempo di avere le luci della gloria su di sé.

La carriera di Desiléts decolla infatti nel 2003, quando gli viene affidato l’incarico di dirigere il titolo che avrebbe segnato il reboot della saga di “Prince of Persia”, “Prince of Persia: The Sands of Time”, distribuito nel bel paese con il nome di “Prince of Persia: Le sabbie del tempo”. Il titolo rivoluziona il genere dei videogiochi d’azione ed il successo, sia di critica che di videogiocatori, è mondiale. Con l’intenzione di spremere la gallina dalle uova d’oro chiamata Principe di Persia, Ubisoft produrrà diversi sequel per proseguire la storia della sua vita. Nessuno di questi sarà tuttavia all'altezza di “The Sands of Time”. Importante dettaglio è che nessuno di questi porta la firma di Désilets. Un caso? Visto che un giorno di molto tempo fa un tale in Cina disse che il caso non esiste, vogliamo credere che nemmeno questo lo sia. Come mai tuttavia non affidare lo sviluppo di sequel di un titolo di un tale successo ad uno dei maggiori artefici del successo stesso? In realtà, subito dopo il successo di “The Sands of Time”, a Desiléts era stata affidata la creazione di un sequel, che tuttavia si trasformò in qualcos'altro. In qualcosa di più. Désilets aveva in mente qualcosa di nuovo; ritenendo il Principe di Persia un personaggio poco interessante, pensava ad un titolo in cui il protagonista del vecchio “The Sands of Time” sarebbe stato controllato dall'inteligenza artificiale, mentre il giocatore avrebbe guidato un membro della setta degli Ismailiti Nizariti, noti anche con il nome di Assassini. Ubisoft tuttavia riteneva poco proficuo rilasciare il sequel di un titolo di successo in cui si sarebbe controllato un protagonista differente e diede così a Désilets il compito di sviluppare una nuova IP, Intellectual Property per i profani, sulla sua idea. Nacque così la saga di “Assassin’s Creed”, che per Désilets altro non è che “a long epic story of a guy in the present going in a machine called the Animus and is going to relive the life of his ancestors”, ovvero “una lunga ed epica storia di un uomo nel presente che entra in un macchinario chiamato Animus e si appresta a rivivere la vita dei suoi antenati”.

Quello che accade da lì in seguito è oramai già storia videoludica. “Assassin’s Creed”, esattamente come “The Sands of Time”, rivoluziona il genere degli action game ed il suo successo è addirittura più grande; il titolo vende infatti 8 milioni di copie in due anni e rappresenta il vero primo titolo di successo della settima generazione di console. L’idea di Désilets è vincente ed Ubisoft punta molto sul nuovo franchise “Assassin’s Creed”; sotto la guida del canadese, due anni dopo, nel 2009, viene rilasciato “Assassin’s Creed II”, che alza nuovamente l’asticella che tutti gli action game che intendono essere definiti tali dovranno superare in futuro; ed è incredibilmente, ad oggi, l’ultimo videogioco sviluppato da Désilets. Tenete a mente questo dettaglio, se ne parlerà a breve. Torniamo al 2009; il successo di “Assassin’s Creed II” è incredibile e molto maggiore del suo predecessore: vende infatti 9 milioni di copie in tutto il mondo in soli tre mesi. Ubisoft ha trovato in Désilets e nella sua nuova IP la nuova gallina dalle uova d’oro e trasforma “Assassin’s Creed” nel suo franchise di punta. Tuttavia, come spesso accade, finalità artistiche ed economiche non vanno d’accordo ed i progetti di Ubisoft nei confronti della saga sono l’inizio della fine del rapporto tra il publisher francese e Désilets.

Ubisoft decide di sfruttare il più possibile il carisma del personaggio di Ezio Auditore, protagonista di “Assassin’s Creed II”, e di concentrare i successivi titoli del franchise su di lui, snaturando così l’originale idea di trilogia pensata da Désilets all'inizio della sviluppo del primo videogioco dell’IP. A Désilets viene così affidato l’incarico di sviluppare “Assassin’s Creed: Brotherhood”, seguito diretto del precedente “Assassin’s Creed II” con protagonista ancora Ezio Auditore. Désilets tuttavia, nel maggio del 2010, abbandona il videogioco a metà dello sviluppo e lascia Ubisoft, sebbene gli fosse stato offerto di diventare il responsabile dell’intero franchise che si stava sviluppando intorno alla sua idea. Nessuno capisce il perché di questo colpo di scena. Come mai lasciare? Come mai abbandonare una posizione così di prestigio? Tutti ne parlano ma nessuno, tranne lo stesso Dèsilets ed Ubisoft, conosce la risposta. Con il senno di poi è possibile che Désilets non fosse d’accordo con i vertici di Ubisoft a riguardo del trattamento della saga da lui ideata. Della sua serializzazione massiccia. Della sua annualizzazione. Della sua non conclusione. Della sua non innovazione. E’ anche possibile che non abbia accettato il rifiuto di Ubisoft di concedergli maggiore autonomia creativa nello sviluppo del brand. Tuttoggi queste risposte sono tutte ugualmente valide e probabili, ma non ufficialmente confermate; all'epoca però la risposta arriva solo nell'ottobre 2010, quando Désilets decide di scrivere a Kotaku una lettera in cui espone le motivazioni che lo hanno portato a lasciare Ubisoft, che si sintetizzano in una (con il senno di poi) mezza menzoniera intenzione di cercare nuove opportunità lavorative e nuovi stimoli artistici.

Nella lettera inviata a Kotaku, Désilets rivela per la prima volta di avere gli accordi per iniziare a lavorare per il publisher statunitense THQ con cui inizierà tuttavia a collaborare nell'estate del 2011. Come mai proprio THQ, vicino di casa di Ubisoft a Montreal? Dopo la pausa sabbatica avvenuta dopo il licenziamento, Désilets ha visto in THQ la sua unica opportunità di lavorare sui suoi progetti futuri mantenendo una grande autonomia creativa senza dover divenire uno sviluppatore indipendente. Perché tuttavia solamente nel 2011? Perché non subito? La risposta a queste domande è rintracciabile nella paura di Ubisoft di vedere la propria gallina dalle uova d’oro andare ad arricchire i propri vicini. Ubisoft accetta infatti le dimissioni di Désilets a patto che questo non inizi a collaborare con alcun concorrente prima di un anno, incrinando così i rapporti con THQ che avrebbe voluto il canadese subito a capo della propria filiale di Montreal. Come si sa dall'esperienza comune, i rapporti tra vicini di casa non sono sempre idilliaci e quelli tra i due colossi videoludici si rompono definitivamente nel marzo del 2011, quando Ubisoft cita in giudizio presso il tribunale del Quebec la concorrente THQ, accusandola di “rubargli” i dipendenti. I dirigenti di Ubisoft si sono infatti insospettiti ed hanno iniziato ad approfondire privatamente la questione riguardante alcune defezioni del personale quando l'artistic director di “Assassin’s Creed” Alex Drouin, il production manager Mark Besner e l’associate producer Jean-François Boivin, tutti e tre amici personali di Désilets, lasciano la società motivando le loro scelte con il desiderio di passare più tempo con le proprie famiglie. A fine anno, dopo mesi di indagini, il giudice proscioglierà THQ dalle accuse in quanto la condotta di questa nei confronti dei dipendenti di Ubisoft non costituisce concorrenza sleale; secondo il tribunale ogni individuo ha il diritto di scegliere dove preferisce lavorare. Perché di questa causa legale? Perché all'inizio del 2011 alcuni sviluppatori lasciano Ubisoft per unirsi a THQ? La causa principale del movimento di dipendenti è ovviamente, come sospettato dalla dirigenza di Ubisoft, Patrice Désilets, che, lasciato libero di lavorare sui suoi progetti futuri con i collaboratori che avrebbe preferito, sceglie di coinvolgere le persone con cui aveva lavorato ai primi due titoli della saga di “Assassin’s Creed”, ancora al lavoro presso Ubisoft.

Qual è però il progetto su cui Désilets ha intenzione di lavorare presso THQ? La storia vuole che, trovandosi nel 2011 ad Amsterdam con la fidanzata Emily, questa gli faccia notare come la città, con le sue passeggiate, i suoi canali ed il suo stile architettonico, sarebbe una location perfetta per un titolo videoludico e che, dopo aver visto il numero 1666 dipinto sulla parete di un edificio, abbia avuto la proverbiale illuminazione. Così, nel giugno 2011, Désilets, insieme ad alcuni collaboratori fidati e conosciuti fin dai tempi di Ubisoft, inizia a lvorare su “1666: Amsterdam”. Un titolo riguardante il ruolo che il male ed il demonio hanno nelle società civili. Un titolo che ha l’intento e l’ambizione di mostrare vere interazioni umane. Un titolo in cui il rapporto tra due essere umani non sia governato e limitato solamente dal combattimento e dall'uccisione di qualcuno. Un titolo innovativo. Qualcosa di mai visto prima. Lo step successivo nel mondo degli action game, esattamente come lo erano stati ai loro tempi “The Sands of Time” ed “Assassin’s Creed”.

In pochi mesi di lavoro, Patrice ed il suo team riescono a mettere insieme abbastanza materiale da riuscire a preparare un trailer da presentare per l’E3 del 2012. Con il titolo di “Brel E3 Demo“, il trailer avrebbe mostrato un breve tour dell’open world ricreato dai ragazzi di Désilets presso THQ Montreal accompagnato dalle note della canzone “Amsterdam” del cantautore belga Jacques Brel. Secondo Désilets, il trailer avrebbe destato scalpore nel mondo videoludico in quanto, sebbene sembrasse costruito in CG, sarebbe invece stato interamente girato con il motore grafico del titolo e avrebbe mostrato una reale sequenza di gioco. Il trailer non vedrà tuttavia mai la luce. Jason Rubin, CEO di THQ, impedisce a Désilets di mostrare il trailer a chiunque. Ha infatti paura che una simile anteprima distoglierebbe l’attenzione dei media e dei videogiocatori dal titolo che l’azienda ha intenzione di rilasciare quell’anno e che spera sia quello in grado di mantenere a galla l’intera compagnia. THQ ha infatti problemi finanziari. Gravi problemi finanziari.

Nonostante il lavoro che Désilets ed il suo team continuano a svolgere sul titolo, “1666: Amsterdam” non andrà mai oltre al concept design a causa proprio della ristrettezza economica che affligge THQ che, il 20 dicembre 2012, dichiara bancarotta e mette all’asta i propri franchise al miglior offerente; il mese successivo, il 23 gennaio 2013, THQ dichiara ufficialmente il fallimento. Il destino vuole, se così si può chiamare, che lo studio di THQ presente nel polo tecnologico di Montreal venga acquistato per due milioni e mezzo di dollari da Ubisoft, che si entra così anche in possesso del prototipo di “1666: Amsterdam”. Pressato dai media specializzati, Yves Guillemot, CEO di Ubisoft, dichiara però di non avere ancora in mente che cosa fare di Patrice Désilets e del suo team di sviluppo, così come del suo progetto, la cui analisi slitta fino a marzo; dopo due mesi sul filo del rasoio, “1666: Amsterdam” diviene ufficialmente un’IP di Ubisoft ed il suo sviluppo prosegue presso gli studi del publisher francese.

Dopo soli altri due mesi, tuttavia, il 7 maggio del 2013, Ubisoft svela quelli che probabilmente erano fin dall'inizio i suoi piani per Désilets ed il suo team: il creativo canadese viene licenziato. L’uomo che ha lavorato per tredici anni in Ubisoft, trasformando in successo il reboot di “Prince of Persia” e un’idea semplice in uno dei franchise di maggior successo degli ultimi dieci anni, in un giorno di lavoro come tanti altri, viene accompagnato di forza alla porta da due uomini della sicurezza, senza avere nemmeno la possibilità di raccogliere i suoi effetti personali e di salutare i suoi amici e colleghi, che per farlo, e per capire che cosa fosse successo, sono costretti a raggiungerlo nel parcheggio antistante gli studi di Montreal.

Nelle azioni di Ubisoft sembra esserci della premeditazione e l’intenzione di sabotare il creativo canadese. Il dubbio non può che sorgere. Soprattutto alla luce del fatto che la versione dei fatti della mattina del 7 maggio fornita da Ubisoft si discosta di molto da quella fornita da Désilets, che si sarebbe licenziato esattamente come aveva fatto due anni prima. Dopo le dichiarazioni del diretto interessato su quanto accaduto, probabilmente inaspettate da Ubisoft, il publisher francese ritratta tuttavia le proprie dichiarazioni e ammette il licenziamento, giustificandolo con un’inadempimento contrattuale da parte del creativo. Secondo Ubisoft, il prototipo di “1666: Amsterdam” fornito da Désilets ed il suo team non soddisfava gli standard per giustificare un investimento ed un futuro sviluppo. Tuttavia i dubbi sull'operato premeditato di Ubisoft non decadono, soprattutto sapendo che il prototipo del titolo era già stato fornito da Désilets e compagni un anno prima al consiglio di amministrazione di THQ, che lo aveva vagliato ed accettato, e di cui Ubisoft era quindi già a conoscenza al momento dell’acquisto dello studio THQ di Montreal nel gennaio 2013, quattro mesi prima del licenziamento.

Ogni storia ha un numero di versioni direttamente proporzionale al numero delle persone in essa coinvolte. Tuttavia, pur leggendo la documentazione ufficiale fornita da Ubisoft riguardante il caso del licenziamento di Patrice Désilets, che qui di seguito si trova integralmente, è comunque difficile, per usare un eufemismo, non vedere nelle azioni del publisher un qualcosa di finemente calcolato e voluto con lo scopo di danneggiare il proprio figliol prodigo.

"Patrice is an artistic talent, and we're thankful for everything he brought to Ubisoft during his time with us. We are a company that strives to attract and retain the best talent in the industry, and to build teams that develop new and innovative games. That's why it was unfortunate we were not able to reach an agreement with Patrice to continue working with us two years ago, and why it is disappointing that he chose baseless litigation instead of an open discussion on how best to develop the 1666 concept into a viable game. While we wish Patrice success on his new venture, we are fully focused on supporting the teams, including the many people who joined Ubisoft from THQ Montreal, who are creating Ubisoft's next great games for our players."

Perché tuttavia “1666: Amsterdam” si trova ancora nel limbo? Tra color che son sospesi, per citare un poeta italiano di una certa fama? Secondo il contratto firmato con Ubisoft, lo stesso che aveva firmato in precedenza con THQ, Désilets è infatti in grado di rientrare in possesso della proprietà intellettuale di “1666: Amsterdam” nel momento in cui il publisher presso cui lavora decide di annullarne lo sviluppo. Sfruttando questo cavillo, tuttavia, Ubisoft fornisce un ulteriore motivo di dubitare del suo operato nei confronti di Désilets: trasformando quella che era una clausola fortemente voluta da Désilets per mantenere il possesso del suo progetto in caso di non interessa da parte di THQ in uno scorretto asso nella manica, il publisher di Montreuil decide di sospendere a tempo indeterminato, e non di annullare, lo sviluppo di “1666: Amsterdam”, di riassegnare ad altri progetti alcune delle persone che vi erano impegnate e di licenziarne altre. Tra queste ultime Jean-Francois Boivin, amico fidato di Patrice Désilets, con la giustificazione di non avere alcun progetto a cui assegnarlo come produttore, sebbene nello stesso periodo Ubisoft sia alla ricerca di produttori. Alla luce di questi fatti, diviene difficile non riuscire a comprendere il rancore che Désilets nutre nei confronti di Ubisoft e quanto possano essere profonde le parole che l’uomo pronuncia in un’intervista riguardante la fatidica mattina del 7 maggio: “I intend to fight Ubisoft vigorously for my rights, for my team and for my game”, ovvero “intendo combattere Ubisoft per i miei diritti, per il mio team e per il mio gioco”.

E così fa. Désilets si impegna in una dura, sia dal punto di vista economico che psicologico, battaglia legale contro il gigante Ubisoft per ottenere il diritto di riuscire finalmente a terminare quello che avrebbe dovuto essere, e si spera un giorno sarà, il suo più grande capolavoro. Solo il tempo ci dirà se Davide avrà la meglio su Golia.

Può tuttavia un creativo del talento di Patrice Désilets attendere il risultato di un processo? Di un processo che ha tutta l’aria di avere ancora molto tempo davanti prima di vedere la sua fine? Può un talento prestato al mondo del medium videoludico rimanere per così tanti anni senza materiale su cui lavorare? E senza avere la certezza di riuscire a lavorare nuovamente su quel materiale? La risposta è ovviamente negativa. Una risposta che ci porta al lieto fine di questa storia. Non il finale che avrebbe voluto Désilets quando ha inziato ad immaginare “1666: Amsterdam” presso THQ, ma un finale alternativo, come quelli presenti nei migliori videogiochi, che sarà il mercato e la storia a giudicare.

Dopo il termine della clausola di non competizione presente sul contratto stipulato con Ubisoft per cui Désilets non avrebbe potuto lavorare nell'industria videoludica per 18 mesi dopo il suo addio all'azienda francese, nel novembre 2014, insieme ad alcuni vecchi compagni presso Ubisoft, tra cui il fidato Jean-Francois Boivin, Désilets fonda la Panache Digital Games, una società senza lo scopo di competere con le grandi multinazionali del settore, ma quello di produrre piccoli capolavori. Dopo soli alcuni mesi di duro lavoro, all’E3 del 2015, questa nuova e piccola casa di produzione videoludica presenta il teaser trailer del suo primo piccolo capolavoro, “Ancestors: The Humankind Odyssey”. Un titolo dalle potenzialità enormi e che si spera sarà il primo di una lunga serie di gioielli firmati Patrice Désilets, in cui si spera un giorno potrà anche esserci il suo “1666: Amsterdam”.

Spilu

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