23 gennaio 2016

Riflessioni su The Binding of Isaac

ovvero


Servono i soldoni per fare i gioconi?

the binding of isaac rebirth
Aiuto! Non riesco a smettere di giocarci!

Siamo ormai abituati a vedere ogni anno sugli scaffali dei negozi il solito videogioco tripla A che ci guarda con sguardo demoniaco e, come il caro serpentello che millenni or sono fregò Eva e l’umanità intera, ci parla e ci dice: “Anche se sono praticamente uguale al mio omonimo uscito l’anno scorso, mi devi comprare, bel fustone! Adesso! Devi solo donare un rene e poi sarò tuo! Ti farò passare momenti indimenticabili!” E come ogni anno facciamo la figura dell’Eva di turno e ci facciamo fregare dalla copertina del gioco, leggermente diversa da quella dell’omonimo titolo dell’anno precedente, portandoci così a casa una cicatrice sul fianco ed un prodotto che ci tiene compagnia per una settimana, ci diverte per tre giorni e ci sorprende per tre secondi, nel caricamento tra la schermata iniziale ed il menù principale. Decisamente un rene ben speso!

Che vogliamo farci? Le aziende che producono videogiochi sono così ormai: producono un’idea vincente una volta ed ogni anno te le ripropongono, e se siamo fortunati lo fanno al massimo in maniera un po’ diversa. Avete presente quelle zie un po’ anzianotte che la prima volta che vi cucinano il puré di patate e voi le dite “Ma che buono questo puré di patate, zia!”, ve lo ripropongono poi a colazione, pranzo, cena, merenda, spuntino di mezzanotte, pranzo di Natale, di Pasqua e di nozze? Ecco, le industrie che producono videogiochi sono delle vecchie zie a cui vorreste infilare il puré su per il c***! Sono vecchie zie che utilizzano grossissimi budget solamente per nascondere dietro milioni di pixel colorati la mancanza di idee concrete.

Se i giochi tripla A evitassero tuttavia di urlare dalla loro posizione altolocata sugli scaffali del negozio di videogiochi di turno (od ospedale per l’asportazione di organi in cambio di videogiochi, come preferite), potremmo renderci conto che in basso, imprigionati negli scaffali più bui e nascosti oppure gettati nelle fosse comuni degli sconti pazzi per pezzenti (di cui sono un grande cacciatore, tra l’altro), ci sono un sacco di videogiochi indie che, sebbene poco noti, valgono la pena di essere giocati. Perché, al contrario delle grosse aziende, chi li ha creati aveva idee concrete. Forse poco denaro per svilupparle ma... Ehi, incredibile, le idee gli sono bastate per creare un piccolo capolavoro! Alla faccia tua ed al tuo puré di patate, vecchia zia Ubisoft!

Un esempio di questa tipologia di videogiochi è senza dubbio “The Binding of Isaac”, titolo dungeon crawler in 2 dimensioni con elementi roguelike creato da Edmund McMillen e Florian Himsl, nonché causa della mia insonnia e della mia rabbia croniche dell’ultimo mese.

In “The Binding of Isaac” il giocatore veste i panni di Isaac, un bambino che deve farsi strada grazie alla potenza delle sue stesse lacrime in un seminterrato pieno di creature spaventose e minacciose per sfuggire alla madre, maniaca religiosa che crede di aver sentito Dio chiederle di sacrificare il suo stesso figlio come prova della sua fedeltà. L’idea è semplice e, mai come in questo caso, anche geniale. Isaac è in grado di trovare all’interno dei vari piani che affronterà diverse centinaia di oggetti in grado di modificare le sue caratteristiche, nonché il suo aspetto, e quindi di aiutarlo, od ostacolarlo, nella sua fuga dalla madre. Ogni piano è unico in quanto generato automaticamente unendo diverse tipologie di stanze, all’interno della quale è possibile trovare creature di differenti tipologie e ranghi. I boss esistenti sono più di un centinaio, alcuni dei quali segreti. I finali multipli, tutti segreti e sbloccabili allo soddisfacimento (che parola difficile!) di determinate condizioni. L’elevata difficoltà del titolo inoltre rende la sfida degna di questo nome. Certo, il rischio di perdere il diritto di entrare in chiesa è dietro l’angolo, ma parte del fascino del titolo risiede anche nella sua difficoltà. Il resto sta nella longevità e nell’imprevedibilità.

Una semplice idea, infinite combinazioni.

Cosa volere di più? A questa domanda non so rispondere. Io non desidero altro da un prodotto d’intrattenimento, se non un po’ di fregna, ma questo è un altro discorso... La piccola e semplice idea alla base di “The Binding of Isaac” mi sta tenendo attaccato al televisore da ormai un mese senza minimamente stancarmi o smettere di stupirmi. Per fare dei videogiochi di grande livello non serve grafica fotorealistica e budget da far venire il capogiro a Bill Gates, bensì idee. Anche una sola. Anche semplice. Il resto viene da sé.

Ora vado a fare un’altra partita a “The Binding of Isaac”. Devo farne almeno una al giorno. Glielo devo. E’ l’unico videogioco che mi abbia tenuto compagnia per più di una settimana senza chiedermi un organo in cambio!

Ma questo è solo il mio parere. Nulla più.

Spilu

Nessun commento:

Posta un commento