ovvero
Ma la locandina cosa c'entra?
Ecco l'unica scena in cui si vede lo squalo: la locandina. |
Su questo semplice blog ho scritto piuttosto poco e comunque sempre in maniera diversa. Ho scritto di videogiochi. Di film. Ho scritto recensioni. Analisi approfondite. Semplici impressioni. Ho scritto in maniera seria. In maniera ironica. Semplicemente stupida. E visto che dopo quasi un anno di scrittura non ho ancora capito esattamente quale argomento e stile mi si addicono di più, questa volta voglio fare qualcosa di ancora diverso. Scriverò una recensione di “Shark in Venice” buttando fuori dalla testa le prime cose che mi passeranno per la testa e nella prima maniera che mi passerà per la testa. Faccio prima. E poi... il blog è mio e faccio quello che voglio!
Andiamo quindi a parlare un po’ di questo bistrattato (e giustamente) “Shark in Venice”.
Innanzitutto bisogna cancellare tutti i pensieri che si possono fare alla prima visione della locandina. E anche alla prima lettura del titolo, in realtà. Non è un film dell’orrore,c ome si potrebbe pensare. Lo squalo c’è, ma non si mangiucchia quasi nessuno, e comunque nessuno di importante. E la città di Venezia... c’è e non c’è. Esiste e non esiste. Come il cervello di Martina Dell’Ombra. Il film infatti avrebbe potuto essere ambientato in qualunque altro posto del mondo. Anzi... Il film doveva originariamente essere ambientate in un luogo un pelo distante da Venezia visto che il titolo scelto per la pellicola inizialmente era “Shark in Bulgaria” e visto che è stato girato interamente in Bulgaria. Hanno poi optato per la città di Venezia per una questione di marketing. E come dargli torto? Effettivamente Venezia ha tutto un altro fascino rispetto a una qualunque città bulgara che si affaccia sul Mar Nero. Senza offesa per chi abita in Bulgaria, sia chiaro.
Ma allora, tu che sei così curioso di sapere tante belle cose su questo capolavoro che sei arrivato a leggere l’articolo fino a questo riga, potresti chiedere: “ma come hanno fatto ad ambientare un film a Venezia girando tutte le scene in Bulgaria”? Domanda interessante e più che lecita. Dieci punti a Grifondoro! Battuta più inflazionata della Grecia.
Innanzitutto bisogna precisare che guardando il film non ci si rende minimamente conto di trovarsi in Bulgaria; la maggior parte delle scene in esterna sono girate infatti in un quartiere palesemente ricreato in studio con i resti delle scenografie utilizzate alla recita delle scuole elementari del figlio del regista. E sono poche. La trama si svolge infatti quasi tutta in interni od in acqua. Per rendere l’ambiente più veneziano hanno poi inserito in fase di montaggio diverse scene di repertorio girate in Italia. Ad ogni cambio di scena abbiamo quindi qualche secondo di materiale girato a bordo di qualche battello turistico per la città di Venezia dal fortunato cameraman inviato appositamente in Italia una giornata. Materiale in grado di impallidire davanti al video della comunione del cuginetto Giancamion girato controluce e con un pollice davanti all’obiettivo per tre quarti del tempo.
Tipiche immagini di repertorio utilizzate per mostrare le bellezze di Venezia. |
Ma di cosa parla questo film? “Shark in Venice” racconta di David, che si reca a Venezia insieme alla fidanzata Laura per riconoscere il corpo del padre, morto durante un’immersione nelle acque della laguna. L’uomo era infatti alla ricerca di un tesoro nascosto sotto la città nel Medioevo da alcuni cavalieri, ma è stato ucciso da uno squalo che in qualche modo sembra vivere nella grotta sommersa in cui si trova. David si mette così alla ricerca del tesoro, scoprendo tuttavia che anche la mafia italiana, guidata da Vito Clemenza (sì, si chiama davvero Vito Clemenza), è alla sua ricerca. Dopo aver tentato di trovare un accordo con David per la ricerca comune del tesoro, i criminali rapiscono Laura ed obbligano il protagonista a sfruttare ciò che il padre aveva scoperto per recuperare ciò che desiderano. Ovviamente la pellicola si conclude con Vito Clemenza ed i suoi tre sgherri pappati dallo squalo e Laura e David sani e salvi, oltre che un po’ più ricchi di prima. Come si può notare la trama è semplice, lineare e... non ha nulla a che fare con ciò che ci si aspetterebbe guardando la locandina. Che mondo magico che è il marketing!
Lo squalo, che a vista di locandina e titolo dovrebbe essere il protagonista della pellicola, è solamente un animaletto impaurito elevato al rango di guardiano del tesoro. Le scene in cui appare sono poche. Per fortuna, peraltro. Ogni volta in cui lo squalo pranza con uno dei personaggi del film il regista decide di mostrarci la scena con un montaggio di immagini di repertorio palesemente rubate ai documentari della BCC ed altre girate muovendo la telecamera a casaccio in acqua. Esatto, in pieno stile “Lucignolo”. Sono inoltre presenti alcune scene in cui lo squalo attacca ignari veneziani che passeggiano tra le calli ed addirittura una in cui si mangia una gondola per intero. No, dico davvero, ingoia una gondola. Totalmente inutili ai fini dello svolgimento della cosiddetta trama del film, queste scene sono girate in computer grafica; non esistono infatti ovviamente immagini della BBC in cui uno squalo si mangia una gondola o esce dall’acqua appositamente per raccattare lo sfigato passante di turno e portarlo poi in acqua con sè. E non perché siano situazioni molto rare da filmare per via della timidezza degli squali. In queste bellissime scene il modello dello squalo utilizzato nel film è in grado di sfigurare davanti al dinosauro della demo della prima PlayStation. Praticamente il mio falegname con trentamila lire lo avrebbe fatto meglio.
Questo squalo è migliore di quello del film. E si muove persino più realisticamente. |
A pensarci bene però una scena degna di portare questo nome c’è. Dura sì e no due minuti e mostra una battaglia in Terra Santa in cui alcuni soldati crociati recuperano il tesoro, che poi portano a Venezia. Sì, è utile alla comprensione della trama quanto una peretta lo è per mettersi il collirio, però è probabilmente la scena che ha prosciugato quasi la totalità del budget a disposizione per la produzione del film. Visto che bravo? Dò la colpa della bassa qualità del film alla fine del budget piuttosto che al culo del produttore. Perché sono sicuro che non è stato il produttore a lavorare, bensì il suo deretano.
I personaggi ed i rispettivi interpreti sono forse la parte migliore del film. Dal punto di vista comico, sia chiaro.
Il protagonista, David Francks, è interpretato da Stephen Baldwin, uno dei tanti fratelli Baldwin. E uno dei tanti Baldwin in grado di recitare solo in film che difficilmente si possono chiamare film. Il ruolo più importante della sua carriera è stato infatti quello di Barney Rubble in “The Flintstones in Viva Rock Vegas”. Sostanzialmente l’attore non protagonista nel brutto sequel di un brutto film.
La fidanzata del nostro eroe, Laura-e-basta-perché-dare-un-cognome-anche-a-lei-era-troppo-difficile, è interpretata invece da nientepopodimenoché (masiscrivedavverotuttoattaccato?!) Vanessa Johansson. Sì, è la sorella di Scarlett Johansson e no, non è carina quanto lei. E nemmeno brava quanto lei, ma tanto lo so che a voi maschietti smandrapponi non importa poi così tanto di quell’aspetto.
Degno di nota è ovviamente lo stereotipatissimo Vito Clemenza, interpretato dall’unico italiano del cast, Giacomo Gonnella.
Find the differences. |
La pellicola è ovviamente girata in inglese, ma sono numerose le espressioni in italiano utilizzate dai personaggi per trasmettere allo spettatore la sensazione che l’ambientazione sia effettivamente Venezia. O almeno questo era probabilmente lo scopo, anche perché “italiano” è in realtà una parola piuttosto grossa per definire ciò che esce dalla bocca degli attori a volte. Diciamo che il livello di italiano è quello di Lapo Elkann e Michael Schumacher. E la cosa più sorprendente è che anche Vito Clemenza, interpretato da un attore italiano, quando parla nella nostra lingua lo fa con un accento marcato e stereotipato. Cos’è, il regista lo ha obbligato ad ispirarsi a Super Mario per interpretare il suo ruolo? E i dubbi sono forti alla luce di perle del calibro di “I put bambino’s shark into the Canal!”, “Rossi, answer me... Vaffanculo! Vincente, Zaneri, go to kill the bastard!” e la mia preferita in assoluto “You, puttana, shoot me!”
It's a me, Vito Clemenza. |
Dal punto di vista della lingua italiana tuttavia i veri capolavori del film sono rappresentati dai nomi dati ad alcuni personaggi secondari e non solo. Esatto, Vito Celemenza non è il personaggio con il nome più stereotipato presente. Abbiamo infatti personalità del calibro del capitano Bonasera e del commissario Totti. E visto che evidentemente utilizzare solo il nome del capitano della Roma avrebbe potuto offendere i milioni di juventini presenti in Bulgaria, alcune scene si svolgono nella laguna Del Piero, che se no ci rimane male e va piangere in un angolino tutto triste e smunto, poverino.
Il commissario Totti alla laguna Del Piero. |
Perché il tesoro è della famiglia Medici se lo hanno preso dei crociati in Terra Santa?
Come possono esserci delle grotte nascoste sotto la città di Venezia?
Perché la mafia ha per forza bisogno di David per trovare il tesoro se conosce perfettamente la sua posizione ed ha i mezzi per recuperarlo?
Perché Vito Clemenza ha due squali da compagnia in un acquario?
Perché c’è un inseguimento in moto a Venezia?
Ma soprattutto, perché non ho ancora spento il televisore?
La domanda che vi porrete più frequentemente tuttavia sarà con molta probabilità: “ma che ca...?” dato l’alto numero di momenti di cui non capirete il senso o semplicemente come possano essere venuti in mente allo sceneggiatore. Anche se ho il dubbio che in realtà lo sceneggiatore sia il completamento automatico dell’iPhone.
Il livello di trash di “Shark in Venice” è abbastanza alto da farsi notare da Junior, ed adatto a tutti coloro che abbiano abbastanza voglia di stoppare il film ad ogni cambio scena per domandarsi “ma che ca...?” e cercare di capire il senso di quello che hanno visto. Senza ovviamente comprenderlo. E senza avere la speranza di comprenderlo nei novanta minuti di film. Perché lo sapete, in questo genere di film è inutile sperare di comprendere qualcosa di lasciato in sospeso. Bisogna solo guardare, chiedersi nella maniera più stupita concessa dall'anatomia umana “ma che ca...?” ed andare avanti. E magari farsi due risate nel frattempo.
Il suo trash è potentissimo. |
Ma questo era solo il mio parere. Nulla più.
Spilu
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